Amor contadino, Venezia, Fenzo, 1760

Vignetta Frontespizio
 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
 Vasta campagna arrativa sparsa di vari fasci di grano mietuto. In lontano colline deliziose ingombrate d’arberi e vigneti con caduta d’acque che formano un vago rivo, sopra il quale si vedono degli alberghi villerecci.
 
 TIMONE, la GHITTA, la LENA, CIAPPO, FIGNOLO, tutti distesi al suolo dormendo, appoggiati ai fasci di grano. Villani e villanelle sparsi per le colline
 
 Timone (Svegliandosi)
 
    Oh dolcissimo ristoro
 delle membra affaticate!
 S’è dormito ed al lavoro
 tempo è ormai di ritornar.
 
5   Su svegliatevi.
 Su rialzatevi,
 ritornate a faticar.
 
 Ciappo (Svegliandosi)
 
    Dal bollor d’estivi ardori
 mi conforta il riposar.
10Ed amor co’ suoi martori
 non mi viene ad insultar.
 
    Presto, presto, son qui lesto
 a far quel che si ha da far.
 
 Fignolo (Svegliandosi)
 
    Oh che sonno saporito!
15Che piacevole dormir!
 Or mi par che l’appetito
 s’incominci a far sentir.
 
    Ragazzine, su, carine,
 che il lavor s’ha da finir.
 
 la Lena (Svegliandosi)
 
20   Ah sparito è il mio bel sogno;
 ho perduto il mio piacer.
 Vorrei dirlo e mi vergogno;
 no, nessun l’ha da saper.
 
    Son destata, sono alzata,
25vengo a fare il mio dover.
 
 la Ghitta (Svegliandosi)
 
    Ah dormir non ho potuto,
 che mi balza in seno il cor.
 No, lasciar non mi ha voluto
 riposare il dio d’amor.
 
30   Chi mi chiama? Chi mi brama?
 Son qui pronta al mio lavor.
 
 tutti
 
    Dai sudori e dallo stento
 bella cosa è il riposar
 ma chi il cuor non ha contento
35pace mai non può sperar.
 
    Bel diletto quando il petto
 non si sente a tormentar!
 
 Timone
 Su, figliuoli, d’accordo
 del gran mietuto a collocare i fasci
40ite all’aia vicin. Poi ciascheduno
 a qualche altra faccenda
 la mano impieghi e di buon cor vi attenda.
 Va’ tu, Ciappo, alla macchia
 a provedere il focolar di legna.
45Tu, Fignolo, t’ingegna
 col tuo fucil per la campagna amena
 di grasse quaglie a proveder la cena.
 E voi, figliuole mie, per la famiglia
 fate quel che convien. Tu, Lena, un piatto
50preparaci di gnocchi,
 va’ tu, Ghitta, a raccor pera e finocchi.
 Lena
 Subito, padre mio. (Vuol prendere un fascio di grano)
 Ciappo
 Eh t’aiuterò io. (Vuol sollevar egli il fascio da terra)
 Lena
                                Va’ via di qua. (Lo scaccia, prende il fascio e se lo mette in spalla)
 (Egli è il mio caro ben ma non lo sa).
 Ghitta
55Ciappo a tutte è cortese
 fuori che a me.
 Ciappo
                               Fignolo è a te vicino.
 Ti può meglio servir.
 Fignolo
                                         Sì volontieri.
 (Ma di mal cuore, a dir il ver, lo faccio).
 Tenga, signora mia. (Prende il fascio e glielo dà in spalla)
 Ghitta
                                        Brutto cosaccio. (Lo prende con dispetto)
 Fignolo
60(La Lena è più gentil). (Prende anch’esso il suo fascio)
 Ciappo
                                             (Lena vezzosa,
 guardami un pocolin). (Piano)
 Lena
                                             Lasciami stare.
 Ciappo
 Pazienza. (Prende il suo fascio)
 Lena
                      (Il mio Ciappin fa innamorare). (Da sé)
 Timone
 Via spicciatevi e poi
 anch’io sarò con voi. Gli altri lavori
65pria visitar mi preme,
 sparrito il sol, ci troveremo insieme.
 Lena
 E mangieremo i gnocchi.
 Ghitta
 Le pera ed i finocchi.
 Fignolo
 E in allegria noi passerem la sera.
 Ciappo
70(Ma il mio povero cor pace non spera).
 tutti
 
    Dai sudori e dallo stento
 bella cosa è il riposar.
 Ma chi il cuor non ha contento
 pace mai non può sperar.
 
75   Bel diletto quando il petto
 non si sente a tormentar! (Partono la Lena, la Ghitta, Ciappo e Fignolo)
 
 SCENA II
 
 TIMONE solo
 
 Timone
 Bella consolazione
 avere una famiglia
 tutta di buona gente,
80da cui la casa un dispiacer non sente.
 La Lena è una fanciulla
 buona che non sa nulla
 delle cose del mondo.
 E la Ghitta ha un bel cuor schietto e giocondo.
85Ciappo lavoratore
 è un giovane d’onore ed anche Fignolo,
 per dir la verità,
 è un buon famiglio che lavora assai
 e che al proprio dover non manca mai.
90Ecco Silvio, anche questo (Osservando fra le scene)
 è un giovane modesto e di giudizio
 e ho piacere d’averlo al mio servizio.
 
 SCENA III
 
 CLORIDEO ed il suddetto
 
 Clorideo
 
    Pace bramo e non la spero,
 mi tormenta il dio d’amor.
 
95   Ah per tutto il nume altero
 tende lacci a questo cor.
 
 Timone
 Che hai che ti lamenti?
 Clorideo
                                             Oh mio benefico,
 generoso Timone, io non mi lagno
 né di voi né di queste
100umili mie fatiche;
 delle stelle mi lagno al cuor nemiche.
 Timone
 Delle stelle ti lagni? Io crederei
 ti dovessi lagnar con più ragione
 del caldissimo sol della stagione.
 Clorideo
105No, punto non m’inquieta
 il sol co’ raggi suoi. Rose e viole
 nell’orto ho trappiantate,
 come mi avete imposto,
 né i bollori temei del caldo agosto.
110Quello che il sen m’accende
 è un fuoco assai maggiore.
 Timone
 E qual foco sarà?
 Clorideo
                                  Foco d’amore.
 Timone
 Povero disgraziato!
 Me ne dispiace assai,
115che anche in mezzo del verno arder dovrai.
 Clorideo
 Ah se da voi mi lice
 sperar nuova pietà, domando a voi
 providenza a quel mal che in me piangete.
 Timone
 Ma che posso far io?
 Clorideo
                                        Tutto potete.
120Nacque nel vostro tetto
 fiamma che m’arde il petto.
 Quella che estinguer può sì dura pena
 è figlia vostra.
 Timone
                             E qual di lor?
 Clorideo
                                                        La Lena.
 Timone
 E sposarla vorresti?
 Clorideo
                                       Oh me felice
125se sperarla poss’io!
 Timone
                                      Mio caro Silvio,
 veggio che tu lo merti e volontieri
 consolarti vorrei.
 Ma non so ben chi sei. Venisti a offrirti
 per giardinier. Ti riconobbi in volto
130faccia di galantuom, perciò ti ho accolto.
 Ma per darti una figlia,
 vedi che ciò non basta. Hai da far noto
 il paese, i parenti e la cagione
 ch’errante peregrin ti feo finora
135e risposta miglior darotti allora.
 
    Vivo anch’io coi miei sudori,
 poveruomo sono anch’io;
 ma, figliuolo, il sangue mio
 non lo voglio strapazzar.
 
140   Tanto è il cuor del cittadino
 quanto a quel del contadino,
 la natura a tutti è madre
 ed insegna al cuor d’un padre
 sulla prole invigilar.
 
 SCENA IV
 
 CLORIDEO solo
 
 Clorideo
145Ha ragione, ha ragione
 il provido Timone ed io pavento,
 se il mio nome disvelo e il mio destino,
 ch’ei ricusi di darla a un cittadino.
 Peggio poi s’egli arriva
150a penetrar che il padre
 sposo d’Erminia mi volea forzato
 e che d’un nodo ingrato
 per isfugir la dura pena amara,
 vita m’elessi al genio mio più cara.
155Ma ahimè! Spietato amore
 vendica i torti suoi. Qua dove io spero
 della mia libertà godere il bene,
 trovo al misero cor lacci e catene.
 
    Barbaro ingrato amore
160fiera crudel tempesta,
 empio, nel cor mi desta,
 mi porta a naufragar.
 
    Numi a chi darò mai
 il cor, gli affetti miei?
165Voi lo sapete o dei
 quel che poss’io sperar.
 
 SCENA V
 
 Atrio villereccio che introduce al rustico albergo di Timone.
 
 La LENA colla rocca scacciando alcuni villani
 
 Lena
 Via di qua, impertinenti.
 Faticato ho finora a fare i gnocchi,
 se ne toccate un sol, vi cavo gli occhi.
170E poi li ho numerati
 e so ben quanti sono.
 Son ventiquattro mani,
 dodici mano dritte
 e dodici mancine,
175che fan dieci dozzine,
 e avrete a far con me, se li toccate,
 e saranno roccate e bastonate. (Minacciandoli colla rocca, essi partono)
 Li ho fatti belli belli.
 Saranno buoni buoni. (Filando e parlando interpollatamente)
180Piaceranno a mio padre,
 piaceranno alla Ghitta.
 E Ciappo poverino
 che gli piacciono tanto!
 Vorrei ne avesse tanti,
185vorrei li avesse tutti.
 E darei, se potessi, al mio Ciappino
 anche il mio cor per un maccaroncino.
 
 SCENA VI
 
 La GHITTA con un cesto e la suddeta
 
 Ghitta
 È venuto mio padre?
 Lena
                                         No.
 Ghitta
                                                   Sai nulla,
 che vi sien novità?
 Lena
                                     No. Cosa è stato?
 Ghitta
190E’ mi fu raccontato
 che uno, non so chi sia,
 ha domandato a nostro padre in sposa
 una di noi.
 Lena
                       Ih! Cosa importa a me? (Filando)
 Ghitta
 Tu se’ la prima e toccherebbe a te.
 Lena
195Che cos’hai in quel cestino?
 Ghitta
 Le pera ed i finocchi.
 Lena
 Io pur son brava e ho preparato i gnocchi.
 Ghitta
 Ma di’, tua intenzione
 non è di maritarti?
 Lena
                                      Eh m’hai stuccata. (Filando)
 Ghitta
200Tu sei la prima nata.
 Ma quando non v’inclini il tuo desio,
 se lo sposo mi vuol, lo piglio io.
 Lena
 Vedrai che bei gnocchetti.
 Paiono misurati col compasso.
 Ghitta
205Eppure i’ mi credea
 che tu amassi Ciappino.
 Lena
                                               Hai tu altro
 da dirmi? Amo mio padre e mia sorella
 e la mia peccorella e il mio gattino...
 Come mal pettinato è questo lino. (Arrabiandosi pel cattivo lino)
 Ghitta
210(Godo davver davvero.
 S’ella Ciappo non ama, averlo io spero).
 Dunque per quel ch’io sento,
 se ci arriva un partito,
 tu me lo cederai.
 Lena
                                  Via. (Mostrando di annoiarsi)
 Ghitta
                                            Ch’io sia sposa
215non avrai dispiacer.
 Lena
                                       Sciocca! (Come sopra)
 Ghitta
                                                        Lo dico,
 perché dar si potrebbe
 che chiedesse talun le nozze mie...
 Lena
 Io non voglio sentir sguaiaterie. (Sdegnata)
 Ghitta
 Oh non ti parlo più. Se la fortuna
220mandami un buon partito,
 se mio padre l’accorda, io mi marito.
 
    Tu non sai amor che sia
 e lo credi una pazzia.
 Ah se un giorno in cor lo senti,
225se tu provi i suoi contenti,
 lo saprai, mi dirai
 se di meglio si può dar.
 
    Ama pur la pecorella,
 ama pure il tuo gattino.
230Io, sorella, un bel sposino
 vo’ cercarmi e voglio amar.
 
 SCENA VII
 
 La LENA, poi CIAPPO
 
 Lena
 Ami pure a sua voglia e si mariti,
 bastami che il mio Ciappo
 mi lascin stare. Anch’io
235sento amor nel cor mio; ma non vo’ dirlo.
 Eccolo l’idol mio. Vorrei fuggirlo. (In atto di partire)
 Ciappo
 Lena. (Chiamandola)
 Lena
               Che cosa vuoi? (Con ruvidezza)
 Ciappo
                                            Mi fuggi?
 Lena
                                                                Io no.
 Ciappo
 Fermati, non partir.
 Lena
                                        (Mi fermerò). (Da sé sospirando senza guardare)
 Ciappo
 Guardami.
 Lena
                        Ho da guardare
240questo cattivo lino
 che mi fa disperar. (Filando violentemente)
 Ciappo
                                       Lascia per poco
 di lavorare.
 Lena
                        Oh certo!
 Vo’ spogliar questa rocca
 e dopo questa un’altra.
245E vo’ far della tela
 e vo’ far le lenzuola e un grembial fino
 (e vo’ far due camiscie al mio Ciappino).
 Ciappo
 Vuoi tu farti la dote?
 Lena
                                         Via. (Sdegnosetta)
 Ciappo
                                                   La dote
 il padre ti farà.
 Lena
                               Sguaiato. (Come sopra)
 Ciappo
                                                   È tempo
250che pensi a maritarti.
 Lena
 Vatene via di qui. (Con sdegno)
 Ciappo
                                     Non adirarti.
 (È pur vergognosetta). (Da sé)
 Lena
 (Caro il mio ben!) (Da sé)
 Ciappo
                                     (Che amabile grazietta!)
 Lena. (Accostandosi a lei)
 Lena
               Lasciami star.
 Ciappo
                                           Son fatti i gnocchi?
 Lena
255Sì ma tu non li tocchi. (Filando)
 Ciappo
 A me non ne vuoi dar?
 Lena
                                            No.
 Ciappo
                                                      Ma perché?
 Lena
 Per mio padre li ho fatti e non per te.
 Ciappo
 Pazienza.
 Lena
                     (Poverino!) (Da sé guardando sott’occhio)
 Ciappo
 Tanto male mi vuoi?
 Lena
260Abbadare dovresti a’ fatti tuoi.
 Ciappo
 Dunque me n’anderò...
 Lena
                                             Va’ pur.
 Ciappo
                                                              Crudele!
 Lena
 (Non ha cor di lasciarmi).
 Ciappo
 (Ah non posso, non posso allontanarmi).
 
 SCENA VIII
 
 FIGNOLO, coll’archibuso e tasca carrica d’uccelli, e detti
 
 Fignolo
 Ah ah, bravi davvero!
265Chi vuol Ciappo trovar, si sa dov’è.
 Ciappo
 (Maladetto costui). Che importa a te?
 Lena
 Fignolo grazioso,
 hai pigliato le quaglie? (Allegra e lascia di filare)
 Fignolo
                                             Sì, di quaglie,
 ecco, la tasca ho piena.
270Ma intanto della Lena
 quest’altro cacciatore
 va civettando e trappolando il core.
 Lena
 Pazzo! Lascia vedere. Oh son pur grasse!
 Me ne darai a me?
 Fignolo
                                     Non sei padrona?
 Lena
275Ed io ti darò in cambio
 due dozzine di gnocchi. E mangieremo
 gnocchi, quaglie e prosciutto allegramente.
 Ciappo
 Ed a Ciappo meschin?
 Lena
                                            A te niente.
 Fignolo
 Eh Ciappo è il prediletto.
280Ciappo avrà il bello e il buono.
 Ciappo
 Eh se’ tu il caro e il sgraziato io sono.
 Fignolo
 (Fosse la verità).
 Lena
                                  (Povero Ciappo!)
 Ciappo
 Lena, cosa vuol dir che or non ti preme,
 come pria ti premea, di lavorare?
 Lena
285Vo’ far quel che mi pare. (A Ciappo sdegnosa)
 Fignolo
 Sei tu che le comanda? (A Ciappo arditamente)
 Ciappo
 E tu, che cosa sei? (A Fignolo)
 Fignolo
 Son quel che sono e comandar non dei.
 Ciappo
 Se Lena qui non fosse
290ti darei la risposta a te dovuta.
 Fignolo
 Parla s’hai cuor.
 Lena
                                (Fignolo impertinente).
 Ciappo
 Lena, per cagion tua...
 Lena
 Taci, insolente. (A Ciappo)
 Ciappo
                                A me? (Alla Lena)
 Lena
 Sì, a te.
 Fignolo
                 Sì, a te, sguaiato,
295che fai l’innamorato
 con chi di te non se ne cura un frullo,
 della villa e di lei scherno e trastullo.
 Ciappo
 (Più resister non so).
 Lena
                                         (Fignolo ardito,
 me l’ho contro di te legata al dito).
 Fignolo
300Tant’è, vi vuol pazienza,
 chi si vuol metter meco
 o è scimunito o è cieco.
 Vedi la grazia mia,
 vedi la leggiadria di quest’inchini.
305Non cedo ai cittadini
 in brillanti parole, in dolci amori.
 Povero babuino, ascolta e mori.
 
    Coricino, mio bel fegatello,
 mongibello del foco d’amor, (Alla Lena)
310ah che dici? Che dice il tuo cor?
 
    Senti meglio, ascoltami e impara. (A Ciappo)
 Gioia bella, gioietta mia cara,
 prencipessa, regina, tiranna. (Alla Lena)
 Ah lo veggo, la rabbia ti scanna. (A Ciappo)
 
315   Madamina, monsieur che s’inchina
 vi protesta la fede e l’amor. (Alla Lena)
 Mori, crepa, ch’io rido di cor. (A Ciappo, parte)
 
 SCENA IX
 
 La LENA e CIAPPO
 
 Ciappo
 (Non m’arrabbio per lui ma che la Lena
 soffra quel disgraziato).
 Lena
320(Che stolido, sgarbato!
 Non lo posso soffrire. Il mio Ciappino
 ha tal grazia che pare un amorino). (Si rimette a filare)
 Ciappo
 Ed or torni a filar?
 Lena
                                     Torno a filare.
 Ciappo
 Perché?
 Lena
                  Perché... perché così mi pare.
 Ciappo
325Perché non lo facesti
 quando Fignolo v’era?
 Lena
                                           Oh quest’è buona!
 Voglio fare a mio modo. Io son padrona.
 Ciappo
 Eh, no, di’ che ti piace
 Fignolo più di me.
 Lena
                                     Oh! (Filando fa segno di burlarsi)
 Ciappo
                                               Di’ che l’ami.
 Lena
330Io non amo nessuno io. (Filando)
 Ciappo
                                              Nessuno?
 Lena
 No nessuno, nessuno.
 Ciappo
                                          Di’, Lenina,
 non ti vuoi maritar?
 Lena
                                        No, vo’ filare.
 Ciappo
 Sempre, sempre filar?
 Lena
                                            Fin che mi pare.
 Ciappo
 Guardami un po’.
 Lena
                                    Va’ via.
 Ciappo
335Sentimi.
 Lena
                    Via di qua.
 Ciappo
 Lena mia per pietà...
 Lena
                                         Lasciami stare.
 Ciappo
 Che t’ho fatto crudel?
 Lena
                                          Non mi toccare.
 
    Se ti piace di far lo sguaiato
 lo puoi fare con questa o con quella,
340io non sono né ricca né bella.
 Io non sono ragazza per te.
 
    Voglio filare, (Filando) vo’ lavorare;
 e voglio fare quel che mi pare.
 Voglio pensare solo per me.
 
345(Se vedesse il mio core Ciappino,
 lo vedria che crudele non è). (Da sé)
 Stimo più questa rocca di lino
 che di Ciappo l’amore e la fé.
 
    Non voglio amare, mi vo’ spassare,
350voglio cantare, voglio ballare,
 lasciami stare, non son per te.
 
 SCENA X
 
 CIAPPO, poi la GHITTA
 
 Ciappo
 Oh Ciappo sfortunato!
 Son bello e licenziato. Ma chi sa?
 Voglio ancora sperar. Vedute ancora
355ho dell’altre fanciulle
 che amano e ai loro amanti fanno il grugno
 e dan lor qualche pugno
 e dicono di no sino a quel punto,
 poi dicon sì, quando il momento è giunto.
 Ghitta
360L’hai saputa la nova?
 Ciappo
                                         No; qual nova?
 Ghitta
 Silvio ha chiesto a mio padre
 in isposa la Lena.
 Ciappo
                                   Ah son schernito.
 Della Lena il disprezzo ora ho capito.
 Perfida! Lasciar me pel giardiniere?
365Per un che è forastiere,
 che non si sa chi sia?
 Tuo sarà il danno e la sfortuna è mia.
 Ghitta
 Non sai tu chi è la Lena?
 È sciocca e non conosce e non sa nulla.
370Io sì son tal fanciulla
 che il merito distingue e se Ciappino
 mi volesse quel ben ch’ei volle a lei,
 fortunata davver mi chiamerei.
 Ciappo
 Ah Ghitta mia, non posso.
 Ghitta
375Perché?
 Ciappo
                  Perché ho donato
 il mio povero core a un core ingrato.
 Ghitta
 Eh un don mal corrisposto
 ripigliare si può liberamente
 e poi farne presente
380a me che lo terrò come un gioiello.
 Ciappo
 Il mio povero cor non è più quello.
 
    Era il mio core un dì
 come sull’alba è il fior.
 Or non è più così.
385L’ha strapazzato amor.
 
    Lacero, secco e nero,
 perso ha l’odor primiero,
 non è più fiore al tatto,
 arrida paglia è fatto;
390non è più fior per te.
 Non v’è più core in me. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 La GHITTA, poi ERMINIA
 
 Ghitta
 Poverino! Delira. A me dia pure
 questo fior rovinato,
 questo cor strapazzato,
395m’impegno, quando ancor fosse così,
 farlo bello tornar, com’era un dì.
 Chi è questa che ora viene?
 Contadina non par, benché vestita
 in villereccio arnese.
400Ella certo non è del mio paese.
 Erminia
 
    Pastorelle, felici voi siete,
 che godete la pace del cor.
 
    Fra quest’ombre di gioia ripiene
 le catene son dolci d’amor.
 
 Ghitta
405(Canta e parla da sé come una pazza).
 Erminia
 Addio, bella ragazza.
 Ghitta
                                        Vi saluto.
 Che volete da noi?
 Erminia
                                     Domando aiuto.
 Ghitta
 Oh mio padre, sorella,
 femmine a lavorar non prende mai.
410E in casa egli ha de’ mangiapani assai.
 Erminia
 Né perciò mi esibisco.
 Né addattare saprei mano inesperta
 a rustici lavori. Io sol vi chiedo
 per la notte vicina asilo e tetto.
 Ghitta
415Oh a chi non conosciam non diam ricetto.
 Erminia
 Chi son io vi dirò.
 Ghitta
                                    Bene; aspettate.
 Se c’è in casa mio padre
 o alcun della famiglia,
 subito a voi lo mando;
420(io ci scommetterei ch’è un contrabando). (Parte)
 
 SCENA XII
 
 ERMINIA, poi TIMONE
 
 Erminia
 Ah s’egli è ver l’annunzio
 che Clorideo spietato
 siasi qui ricovrato,
 vo’ che ragion mi renda
425del ruvido dispregio
 con cui mi abbandonò. Chi ’l crederebbe?
 M’insultò, mi schernì, sprezzommi ognora;
 io lo seguo e lo cerco e l’amo ancora.
 Timone
 Siete voi che domanda
430ricovro in questo tetto?
 Erminia
 Sì, per pietà vel chiedo.
 Timone
 (Villereccia non parmi, a quel ch’io vedo).
 Pria che albergo v’accordi,
 conoscervi degg’io.
 Erminia
435Erminia è il nome mio.
 Figlia d’onesto padre, il cui affetto
 sposo grato al cuor mio mi aveva eletto.
 Ma il crudele, inumano,
 sia che amore abborrisca o che gli spiaccia
440l’infelice mio volto,
 fugì ramingo in rozzi panni avvolto.
 Deh, se fra voi s’asconde,
 ditelo per pietà.
 Timone
                                Come s’appella?
 Erminia
 Clorideo.
 Timone
                    Non intesi
445tal nome a’ giorni miei. Stranier qui venne
 giovane, è ver, che l’orticel coltiva
 ma il nome suo mi è noto;
 Silvio si chiama e Clorideo m’è ignoto.
 Erminia
 Nome potria mentir.
 Timone
                                         Sì, potria darsi.
450Ma io non voglio impicci.
 Ho due fanciulle in casa.
 Scandali non ne voglio in casa mia.
 Compatite, scusate e andate via.
 Erminia
 Deh amabil vecchiarello,
455per la bontà di cuore
 che nel ciglio il rigor vi desta invano,
 siate meco cortese e siate umano.
 Timone
 Eh figlia mia, le dolci paroline
 meco non son più a tempo. Il cuore un giorno
460a me pur, giovanetto, in sen brillava.
 Passato è il tempo che Berta filava.
 
    Se venuta foste un dì,
 nel bollor di gioventù,
 v’avrei detto: «State qui».
465Ora il grillo non c’è più.
 
    Sono vecchio e sgangherato,
 non fo più l’innamorato.
 (Ah con tutti i mali miei
 non vorrei precipitar). (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 ERMINIA sola
 
 Erminia
470No non v’è più per me speranza alcuna.
 Nemica ho la fortuna,
 congiura al mio dolore
 il cielo, il mondo e il faretrato amore.
 Andrò fra boschi e selve,
475andrò fra crude belve,
 ah non so ben se disperata o forte,
 il rimedio a cercar fra stragi e morte.
 Ma di un perfido core
 belva non vi è peggiore.
480Deh! Se pel mio sembiante
 concepisti tant’odio e tanta pena,
 barbaro Clorideo, vieni e mi svena.
 
    Ma che ti feci ingrato,
 barbaro cor spietato?
485Ah che mi sento in core
 dirmi, sdegnato, amore:
 «Tanti schernisti e tanti
 teneri fidi amanti,
 pena, delira ancor».
 
490   Vendicator crudele
 svena la tua fedele.
 Trammi dal seno il cor. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 Stanza rustica interna dell’albergo di Timone, col focolare e foco acceso, sopra di cui vedesi la caldaia per cuocere i gnocchi; da un lato tavola per la cena con sedie ed altri apprestamenti per la medesima.
 
 TIMONE a sedere presso la tavola. La LENA che bada a cuocere i gnocchi. La GHITTA a sedere da un altro lato che monda i finocchi; CIAPPO che cava il vino e prepara le ciottole per bere. FIGNOLO che ammannisce l’occorrente per la tavola
 
 Timone
 Silvio non si è veduto?
 Ghitta
                                            Non ancora.
 Timone
 (Affé non vedo l’ora
495di vederlo e sentir che imbroglio è questo.
 Sarebbe un bel birbante
 se richiesta mi avesse la figliuola
 e con altra costui fosse in parola).
 Badate se ’l vedete.
 Ciappo
500Eh verrà; non temete. (Portando vino in tavola)
 Non vi mettete in pena.
 Silvio verrà per consolar la Lena.
 Lena
 Cosa parli di me? (Venendo dal foco colla mestola in mano)
 Ciappo
                                    Nulla, diceva
 che sarai consolata.
 Lena
505Essere io non voglio corbellata. (Torna verso il focolare e si ferma alla metà della stanza)
 Ciappo
 (Eh son io il corbellato).
 Ghitta
                                              Ciappo, vieni.
 Vien da me poverino.
 Ciappo
                                          Sì, tu almeno
 sei più schietta di lei. (Alla Ghitta)
 Lena
 Cosa dite fra voi de’ fatti miei? (Avvanzandosi)
 Ciappo
510Nulla.
 Timone
               Via, bada a te.
 Bada a cuocere i gnocchi. (Alla Lena)
 Lena
                                                 Per mia fé,
 Ghitta l’ha ognor con me.
 Mi perseguita sempre e quel birbone
 sempre le dà ragione. Via di là. (A Ciappo)
 Ghitta
515Non le badar, Ciappino.
 Ciappo
                                              I’ vo’ star qua. (Alla Lena)
 Lena
 (Proprio mi viene la saetta). (Arrabbiandosi)
 Fignolo
                                                       (Lena
 bada a me, non a lui). (Piano alla Lena)
 Lena
                                            Lasciami stare. (A Fignolo)
 Fignolo
 (Non lo vedi che a Ghitta ei porta amore). (Come sopra)
 Lena
 Che importa a me? (Oh Ciappo traditore!)
 Timone
520Che si fa, non si cena?
 A chi dich’io? Tu, Lena,
 fa’ che sien lesti i gnocchi.
 Tu monda i tuoi finocchi. (Alla Ghitta)
 Prendi tu, Ciappo, il pan della dispensa,
525Fignolo ad ammannir venga la mensa. (Ciascheduno fa la sua incombenza)
 
    Quando l’ora è della cena,
 aspettar mi reca pena.
 È de’ vecchi il sol diletto
 star in letto e masticar.
 
 Fignolo
 
530   Qua il padrone e qua la Lena (Mettendo le salviette)
 e quest’altro è il posto mio.
 
 Ciappo
 
 Signor no, ci vo’ star io.
 
 Ghitta
 
 Tu hai da star vicino a me. (A Ciappo alzandosi)
 
 Lena
 
    State pur dove vi aggrada.
535A me so che non si bada.
 Date qui la mia salvietta, (Prende la salvietta e si ritira)
 che soletta io mangierò.
 
 Timone
 
    Vien qui, Lena dove vai?
 
 Fignolo
 
 Cosa è stato?
 
 Ciappo
 
                           Che cos’hai?
 
 Ghitta
 
540Non badate a quella pazza.
 
 Lena
 
 Ciascheduno mi strapazza.
 Non mi ponno più veder. (Piangendo)
 
 Timone
 
    Figlia mia.
 
 Lena
 
                          Mi crepa il core.
 
 Ciappo
 
 Lena bella. (Con tenerezza)
 
 Lena
 
                        Traditore. (A Ciappo)
 
 Timone
 
545Traditor? Perché l’hai detto?
 Ah se a Ciappo porti affetto
 dillo al padre, o figlia mia.
 
 Lena
 
 Vado via, non posso star.
 
 Timone
 
    Di’ se l’ami. (Trattenendola)
 
 Lena
 
                             Messer no. (A Timone)
 
 Timone
 
550Vuoi tu Silvio? (Alla Lena)
 
 Lena
 
                               Non lo vo’.
 
 Ciappo
 
 E il tuo Ciappo? (Alla Lena)
 
 Lena
 
                                  Taci un po’. (A Ciappo)
 
 Fignolo
 
    Se un famiglio non vi spiace,
 io la Lena prenderò. (A Timone)
 
 Ghitta
 
    Caro padre, se vi piace,
555io Ciappino sposerò.
 
 Lena
 
    Ah mi sento venir meno,
 ah mi manca il cor nel seno,
 più resistere non so. (Sviene)
 
 Timone
 
    Acqua fresca presto, presto.
 
 Ciappo
 
560Son qua pronto. (Prende l’acqua dalla tavola)
 
 Fignolo
 
                                 Son qua lesto.
 
 Ghitta
 
 (Il suo mal conosco e so). (Da sé)
 
 Timone
 
    Mi dispiace della Lena.
 Mi dispiace della cena.
 Che risolvere non so.
 
 Lena
 
565   Dove sono? Voi chi siete? (Rinviene)
 
 Timone
 
 Son tuo padre.
 
 Ciappo
 
                              Son Ciappino.
 
 Lena
 
 Ti conosco, malandrino,
 sei un lupo che le agnelle
 meschinelle vuoi rapir. (A Ciappo)
 
 Timone
 
570   Ahi delira.
 
 Ciappo
 
                          Poverina.
 
 Fignolo
 
 Via Lenina.
 
 Ghitta
 
                         Sorellina. (Scherzando)
 
 Lena
 
 Lupi, cani, quanti siete,
 mi volete divorar.
 
 tutti fuor della Lena
 
    Presto, presto la ragazza
575perde il senno, divien pazza.
 
 Timone
 
 Sangue, sangue.
 
 Ghitta
 
                                 Corda, corda.
 
 tutti
 
 Presto a letto poverina,
 conduciamola di là
 e una buona medicina
580dal suo mal la guarirà.
 
 Lena
 
 No, non voglio. Via di qua.
 
 Fine dell’atto primo